Claudio Coltorti
TERZA SERIE
20 Gennaio – 5 Marzo 2024

Ciò che la realtà delle ferite deve significare.

Dopo Tele e Dialogo (2020, 2022), Claudio Coltorti conclude un’ideale trilogia per Acappella con gli oli di Terza Serie, che racchiudono una vera e propria teoria del disfacimento. L’accento va posto sul primo e non sul secondo termine, a sottolineare il potenziale combinatorio con cui l’artista assembla e permuta forme, stilemi e toni della sua produzione precedente, portandoli a saturazione e facendoli brillare come un esplosivo. Il realismo per accumulazione che ha garantito una riconoscibilità all’opera di Coltorti è qui requisito: come in un processo sedimentario di erosione la rappresentazione è ormai affidata quasi esclusivamente al colore, dal quale emergono – appunto simili a clasti o a soluti nella degradazione meteorica – quelle che non sono più figure ma emblemi. Si potrebbe parlare a tal proposito – come nel caso del Rothko mediano, in bilico tra metodo mitico e astrattismo – di una pittura transizionale (usiamo qui il senso clinico fornito da Winnicott), in cui i due angoli (figurativo e non-figurativo) sono compresi nella medesima forma. Ma a ben vedere la dinamica non riguarda due forze tensive inerenti alla sola composizione, ma due spettri molto più ampi, quello della vita e della morte (Rothko: «non credo sia mai stata questione di essere figurativi o astratti. Piuttosto si tratta di porre fine a questo silenzio e a questa solitudine, di dilatare il petto e tornare a respirare»). Terza Serie è perciò l’immissione nel diagramma coltortiano non tanto della pulsione di morte, quanto della consapevolezza della morte (tutta l’arte seria, in fondo, può ridursi a questo: una meditazione sul senso della finitudine, e su come un soggetto collettivo scende a patti con la sua futura estinzione, «tresca con la Belva»). In tal senso la lezione di Philip Guston, che per Coltorti è stata qualcosa in più di un riferimento, inizia a essere superata (non si sta parlando di giudizi di valore ma di procedimenti dialettici). Il reale non è più sublimato dal basso, in una resa a tratti fumettistica, che predilige la mediazione di schermi o di protesi figurative espanse. Il reale ora è nebulizzato, e si dà come una macchia, un indistinto, una toppa – esso rinuncia a diaframmi o a stampelle riconoscibili e si manifesta come lapsus, come manque-à-être. Di qui il carattere tragico della serie, quel suo odore di inorganico, reso sostenibile tramite la complessa organizzazione del colore. Ma una tragedia che è ancora in parte (tolto forse nella tela gravata da una spessa coltre industriale che impedisce la visione – o meglio, l’impedimento è la stessa visione) virtuale, di rimando, rimbalzata. A una prima analisi si riconoscono almeno due usi del colore: uno affermativo, quasi tautologico, come nell’ormai canonico giallo o in un inedito blu violaceo particolarmente acceso; e un secondo, molto più pervasivo, dove il colore sembra minacciato, e appare come il riflesso di qualcos’altro, il ricordo di un colore, una gradazione manipolata dagli agenti atmosferici. È il caso del viola, o dell’arancione in bilico tra luce o opacità, o ancora, del verde acqua (è propriamente un verde acqua? Non saprei) tipico di Coltorti, che stavolta pare indeciso tra più esiti, ridotto sia qualitativamente che quantitativamente, ma comunque viscoso e pervasivo come una muffa. Ciò che sopravvive alla catastrofe cromatica è un’allegoria muta. Sono dettagli irrelati sopravvissuti ad altre fasi del lavoro, che vengono qui ri-mediati, in un procedimento che è fin dalle sue origini metapittorico. Queste figure o parti di figure non sembrano avere più il significato vivo, di intimità e calore umano, di cui erano rivestite nelle altre serie, ma nonostante ciò esistono, anche se sono come escluse da qualsiasi tassonomia o gerarchia dei valori. Resta da chiedersi, piuttosto, e mi rendo conto che questo dubbio rischia di contraddire quanto detto finora (ma l’arte è appunto quello spazio di ambiguità in cui qualcosa può essere affermato e negato allo stesso tempo, e al contempo il critico deve sempre conservare il pudore di non capire), se piuttosto non sia vero il contrario, cioè che non sia stato il colore a contrarre la dimensione figurativa, a farla evacuare, come la faccia di uno sconosciuto visto da un miope, ma che piuttosto questa sia esplosa, si sia intensificata a tal punto da dare origine a un universo non più (non solamente) umano. Per tutto il tempo che ho osservato queste tele, nello studio dell’artista alla Sanità, ho avuto in mente una famosa poesia di Vittorio Sereni, La spiaggia, posta a conclusione di Gli strumenti umani. Ne riporto un estratto (tagliando e cucendo): «Ma oggi/ su questo tratto di spiaggia mai prima visitato/ quelle toppe solari... [...]. I morti non è quel che di giorno/ in giorno va sprecato, ma quelle/ toppe d’inesistenza, calce o cenere/ prone a farsi movimento e luce. Non/ dubitare [...] – parleranno». Mentre, perennemente distratto, ripetevo queste parole a mente e scrivevo appunti su un’app di messaggistica, il figlio di un amico presente nello studio ha indicato una toppa di tela depigmentizzata, sbiancata, cancellata, erosa del colore, chiedendo cosa fosse. Un refuso, un dettaglio in lavorazione, niente di più, che però l’ha colpito più di tutto ciò che era dipinto. Era anche, me ne convinco più passano i giorni, la crepa, il punto d’accesso a questa fase del lavoro di Coltorti.

– Fabrizio Maria Spinelli

Juliet
Exibart
Artviewer

84_2.jpg
 Terza Serie installation view     
84_4.jpg
 Terza Serie installation view     
84_3.jpg
 Terza Serie installation view     
84_9.jpg
 Terza Serie installation view     
84_8.jpg
 Terza Serie installation view     
84_11.jpg
 Terza Serie installation view     
84_10.jpg
 Terza Serie installation view     
84_13.jpg
 Claudio Coltorti Statti bene!   2024, oil on canvas 55 x 46 cm 
84_6.jpg
 Claudio Coltorti Statti bene!   2024, oil on canvas 55 x 46 cm 
84_4_v3.jpg
 Claudio Coltorti Corpo Libero   2024, oil on canvas 100 x 70 cm 
84_1.jpg
 Claudio Coltorti Senza Titolo    2024, oil on canvas 100 x 70 cm 
84_2_v3.jpg
 Claudio Coltorti Donna Nuvola    2024, oil on canvas 100 x 70 cm 
84_3_v2.jpg
 Claudio Coltorti Donna Nuvola    2024, oil on canvas 100 x 70 cm 
84_5.jpg
 Claudio Coltorti Donna Nuvola   2024, oil on canvas 100 x 80 cm 
84_7.jpg
 Claudio Coltorti Bacio a Volo a S.   Chiara 2024, oil on canvas 42x32 cm 
84_bacio-a-volo.jpg
 Claudio Coltorti Bacio a Volo a S.   Chiara 2024, oil on canvas 42x32 cm 
84_15.jpg
 dittico