Monika Chlebek, Coline Marotta, Marta Ravasi,
André Wendland, Andersen Woof, Kyvèli Zoi
ANIMAL SHOW
18 Dicembre – 15 Febbraio 2022
«Giova che noi avvertiamo la parità che fra noi corre»
M. de Montaigne
Barzelletta a fumetti sul Cucciolone: una bimba e un cagnolino in acqua al mare.
La bambina dice al cane:
– Sei bravo a fare il cagnolino.
– Grazie. – risponde il cane.
Comicità algida a parte, la freddura introduce una serena decostruzione dell’antropocentrismo cartesiano. Funziona, in pratica, da estrema sintesi di Derrida. Cartesio, è noto, scopre nell’animale il difetto della parola, nella forma razionalmente organizzata di quella caratteristica articolazione del discorso che è una risposta. Come dimostra la vignetta, si tratta di un’evidente aporia: un cane, per esempio, può perfettamente rispondere. Il punto è che questa risposta non sarà mai a tono, cioè sincronicamente intonata. Per spiegarsi meglio, sovviene Rilke, quando dubita che un uomo possa mai dirsi contemporaneo a un gatto. Rilke, presentando i disegni di Balthus al gatto Mitsou, afferma appunto che la caratteristica essenziale di un gatto è il non saperne mai nulla di cosa vede e cosa pensa. La sua esistenza è una mera ipotesi. Più o meno muovendo da queste premesse, si va incontro a quella particolare specie di animale che è un animale dipinto. Se tale condizione sia la medesima del primitivo che impressiona il sus celebensis nelle grotte di Sulawesi, ovviamente questo riesce impossibile da accertare. Però fa sempre bene credere che un autentico spirito europeo cambia senza far invecchiare nulla, compreso le rocce illustrate dai disegnatori del Pleistocene. Le influenze arcaiche sono del resto abbastanza esplicite per tutti gli artisti di Animal Show. Gli siamo da subito grati, a questo gruppo eterogeneo di nuovi Fauves. Circoscrivono lo spazio del tempietto di Acappella in una dimensione religiosa, o parareligiosa, ovvero come serbatoio al neon dei valori spirituali, o paraspirituali, che sostengono il vivente innanzi alla scienza, come ha scritto Duchamp. In effetti, piuttosto che richiamare un idillio bucolico, il paesaggio emotivo di Animal Show è carico dell’inquietudine di una frontiera. Dall’altro lato, dietro una veletta di umorismo nero, c’è un’epifania del postumano logicamente inafferrabile. Il che provoca un discreto turbamento, nella misura in cui si rovescia la pretesa superiorità della ragione contro il valore conoscitivo dei sensi. Eppure, la sensorialità è l’occasione che il corpo procura per prodursi e definirsi attraverso l’altro. Perché la sostanza dell’incontro non può che emergere nell’azione di una metamorfosi. Qui sta l’attimo che l’arte offre alla coscienza sul cucchiaio della morale: un interstizio nel muro del mondo, attraverso il quale sentire cosa c’è oltre lo specchio: da Apuleio a oggi, il posto dove ci torna indietro ogni singola bastonata che abbiamo dato all’asino.
Ernesto Tedeschi